Nel mondo finanziario una IPO, ossia l’ingresso in borsa di una nuova società, è una notizia di grande scalpore. Prima di lanciarsi nel mercato delle IPO però, è bene sapere di preciso cosa sono e quali opportunità e insidie possono nascondere.

Da società privata a società pubblica, verso una nuova IPO

IPO sta per offerta pubblica iniziale (Initial Public Offering), ed è il passo fondamentale che ogni società privata deve compiere per diventare pubblica ed ottenere una sua quotazione in borsa e il suo agognato ticker.

Attraverso questo step la compagnia privata mette parte delle proprie azioni (il cosiddetto flottante) a disposizione degli azionisti del mercato, che possono così investire sul titolo. Questo aumento di liquidità può essere impiegato da una start-up emergente per raccogliere fondi, così come da una società affermata per risanare debiti o espandere il proprio capitale.

Essere dirigenti di una società significa tenere in moto la costosa macchina economica, e per raccogliere fondi esistono tre strade: richiedere prestiti e finanziamenti a banche o altri istituti di credito (come obbligazioni di medio e lungo termine), mettere mano alle tasche degli imprenditori stessi o altri finanziatori privati, o beneficiare degli investimenti di azionisti nei mercati pubblici con le IPO.

Come nasce una IPO?

Una volta presa la decisione di trasformare un’azienda privata in una pubblica, comincia il processo di sottoscrizione con la banca di investimento, che emetterà i titoli sul mercato. Attraverso una serie di trattative, l’impresa dovrà stabilire quante azioni mettere a disposizione e il range di prezzo di riferimento. Una volta trovato l’accordo, l’ente che vigila sulle attività della Borsa (la Consob nel caso di Piazza Affari) dovrà concedere la sua autorizzazione e controllare che siano assolti gli obblighi previsti. A questo punto la banca di investimento sottoscriverà l’offerta pubblica iniziale e potrà immettere poi le azioni sul mercato secondario. Qui i titoli sono quindi venduti sotto forma di lotti a dealing desk, broker e market maker, grazie ai quali raggiungono gli investitori retail. Questo processo richiede generalmente diversi mesi, e coinvolge una serie di figure specializzate in ciascuna fase.

Sono le grosse banche di investimento (investment banks) che si assumono la maggior parte dei rischi pagando le azioni in anticipo: affinché l’accordo risulti per loro vantaggioso, infatti, dovranno riuscire a vendere al mercato i titoli acquistati dalla società privata ad un prezzo migliore. Spesso nella fase che precede la quotazione in borsa vera e propria, i prezzi delle azioni schizzano ben più in alto di quelli previsti per l’IPO.

L’annuncio di una nuova quotazione sull’ASX, sul TSE, sul Dow Jones Industrial Average, sul NASDAQ, o sul NYSE fa presto a fare il giro del mondo, ed è attesa con impazienza da investitori istituzionali e retail. Il sottoscrittore di solito guadagna molto bene dalle IPO, dal momento che nelle ore successive alla quotazione i prezzi delle nuove azioni schizzano verso l’alto.

Nonostante questo è sempre bene mantenere alta la guardia, perché spesso le neonate azioni mostrano un temibile andamento a zig zag subito dopo la quotazione. Ciò accade a causa del cosiddetto “pump and dump” (lett. “pompa e sgonfia”), una pratica condotta da alcuni investitori che consiste nel far aumentare artificialmente il prezzo delle azioni al fine di spingere più avventori possibile a investire, per poi liquidare bruscamente le posizioni. L’estrema volatilità che questo atteggiamento comporta rende le IPO una tipologia di investimento molto insidiosa per i trader alle prime armi.

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Perché le IPO sono intrinsecamente rischiose?

Molti investitori sono scettici di fronte ad un portfolio composto unicamente da IPO, e credono che non andrebbe lontano. Altri, al contrario, attirati dai guadagni spropositati, credono che sia la scelta migliore nonostante i rischi elevati. Dal momento che nessuno è in grado di prevedere le prestazioni future di un’azienda, la chiave è interpretare correttamente i dati finanziari e il quadro economico.

La premessa fondamentale è che l’impresa abbia una guida e una gestione efficaci, che sappia adattarsi e reinventarsi alla svelta anche nei periodi turbolenti. Le aziende devono assicurarsi di essere preparate al meglio prima di fare outing sul mercato.
Le azioni quotate in borsa non gareggiano per i cento metri, ma corrono una lunga maratona, e questo richiede fissare traguardi e obiettivi realistici di medio e lungo termine.

Certe aziende, pur avendone i requisiti, preferiscono accantonare la strada delle IPO e mantenere il controllo sulle loro azioni, richiedendo capitali di rischio da fondi di investimento. In media l’approvazione di una IPO richiede dai 4 ai 9 mesi e cifre che superano facilmente i 10 milioni di dollari solo per accedere alle liste. E non bisogna dimenticare che anche rimanere un’azienda pubblica ha dei costi tutt’altro che trascurabili. Un errore di calcolo nella valutazione a monte della stabilità aziendale può fare la differenza tra il successo e la catastrofe.

Fare valutazioni accurate e scegliere con cura le aziende da aggiungere al proprio portfolio è quindi doveroso. Il nostro consiglio è studiare con cura i dati e le pubblicazioni, e non limitarsi mai alle informazioni di una sola campana. A tal fine un buon calendario economico si rivela ancora una volta il miglior alleato del trader.

Come prepararsi al meglio per una IPO

Nel momento in cui un’azienda privata diventa pubblica essa subisce un cambiamento radicale. Un’azienda consolidata porta con sé anni di report azionari, bilanci, rendiconti finanziari e si è costruita una propria reputazione sia per analisti di mercato che per gli operatori.

Per le IPO invece le performance passate, a cui il trading tecnico e gli investimenti di medio e lungo termine si affidano tanto, semplicemente non esistono ancora.

Le IPO sono i fogli bianchi del mercato azionario, anche se alcuni investitori più accorti sanno come arginare questo problema, andando a spulciare nei registri finanziari degli archivi pubblici in cerca di qualche preziosa informazione da divulgare.

Come trader avvicinarsi al mondo delle IPO significa aver voglia di districarsi prudentemente tra le varie possibilità per scegliere quelle più promettenti e solide. Considerando la posta in gioco, ne vale senz’altro la pena!

Buono a sapersi…

L’annuncio di una nuova IPO scatena di solito clamore ed eccitazione negli investitori, e se riscuote un buon interesse sulle masse si può davvero vedere il titolo schizzare alle stelle. Al contrario, se non appena quotato dovesse rivelarsi anche di poco al di sotto delle aspettative, l’azienda potrebbe uscire di scena nel giro di pochi anni. Tra gli anni 90 e 2000, con il boom delle dot-com sono davvero tante le aziende andate a rotoli…

I dati storici delle IPO riflettono impressionante volatilità, e si lasciano influenzare profondamente dalle variabili macroeconomiche.

Redditività annua media delle IPO
RedditivitàAnno
-20%2007
-28%2008
15%2009
6%2010
1%2011
57%2012
32%2013
282014
-9%2015
46%2016

E allora come scegliere?

La cosa più sensata è in effetti leggere molto attentamente il prospetto informativo e studiare le performance dell’azienda richiedente. Questo documento contiene infatti informazioni di valore inestimabile, come il numero di azioni che saranno emesse, il loro prezzo atteso, gli azionisti che le detengono, e più importante che mai la stima del rischio potenziale di ribasso per acquistare azioni dell’azienda.

Per partecipare ad una IPO è necessario accettare il prezzo di acquisto delle azioni prima che le operazioni abbiano effettivamente luogo nel mercato secondario. I criteri da soddisfare per accedere a questo tipo di scambi sono tanti, e spesso includono un elevato capitale netto per fronteggiare gli eventuali ribassi. Anche i broker sono soliti limitare l’accesso dei propri clienti alle IPO, in base alla quantità di asset negoziati sull’account.

Oltretutto spesso la domanda di IPO supera di gran lunga l’offerta, e anche questo contribuisce a far lievitare il prezzo!

Un altro aspetto da considerare è che non è sempre possibile vendere le azioni acquistate tramite IPO. L’azienda che si quota o la banca di investimento infatti, potrebbero richiedere un cosiddetto IPO lock up, ossia un periodo che va solitamente da tre a sei mesi durante il quale chi è già azionista non può vendere la propria quota. Così può succedere che una volta revocata la restrizione, il titolo abbia già esaurito la sua spinta e in mano ci resti un pugno di mosche.

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